Le parole sono sempre state barlumi di luce nel buio. Ci sono voluti dieci di anni di fatica e impegno quotidiani prima che il linguaggio legato alla scrittura di business divenisse il valore aggiunto della mia attuale professione.
La passione per la lingua italiana è nata sui banchi di scuola, quando studiavo per diventare insegnante e poi avvocato (mancato per un soffio). Mettiamola così: il mio sogno nel cassetto è andato spesso a farsi un giro, per poi rientrare a mani vuote. Ci sono stati momenti in cui ho creduto di averlo perso. Come tutte quelle volte, d‘altronde, che ho dovuto rimboccarmi le maniche e crederci, nonostante avessi Saturno contro.
Torniamo alle dolenti note: la scuola. Non ero di certo un’allieva modello, ma me la cavavo, nonostante gli spettri di una vita privata non proprio lastricata di fiori, piuttosto, di spine. Alcuni dei miei compagni avevano il terrore di affrontare il tema in classe o l’interrogazione di filosofia. Per me non era così.
Quei momenti di paura, per gli altri, si trasformavano, per me, in opportunità irripetibili in cui potevo dimostrare che valessi più di un paio di scarpe da ginnastica nuove che non avevo mai avuto. La prof scriveva alla lavagna il titolo del tema e io iniziavo a fare i miei voli pindarici per arrivare non si sa dove. Da dove comincio, da me? No, mi rispondevo, per scrivere la storia della tua vita ce ne vorrebbero almeno altre due a disposizione. Ed io, come puoi immaginare, era già tanto che ne avessi una. Riflettevo su come avrei potuto mettere nero su bianco i miei pensieri, la mia opinione su sentimenti e accadimenti spesso lontani dal mio essere maturata troppo in fretta.
Non mi importava di arrivare dal posto sbagliato nel momento sbagliato, ero lì in mezzo ad altri ragazzi che avevano una volta tanto più paura della sottoscritta. Ci tenevo a fare bella figura, ma soprattutto volevo che mi leggessero per il piacere di farlo, non perché i miei occhi lo chiedessero a gran voce. Non vedevo l’ora di cimentarmi nell’argomento a sorpresa, scendendo nei dettagli e qualche volta chiedendo persino un foglio in più, perché uno non bastava. In compenso tremavo all’idea di dover affrontare il compito di matematica.
Poi dicono che il destino sia materia esclusiva e impalpabile di visionari e poeti.
La mia storia, professionale e non, è stata un sentiero irto di ostacoli. Le parole, con il loro significato figurato, retorico, metaforico, preciso, significativo, mi hanno aiutata a scrivere un incipit diverso e a riacciuffare quel vagabondo del mio sogno nel cassetto, che adesso dorme e chissà quando si risveglierà.
Mi fermo, perché potrei continuare all’infinito nel decantare le meravigliose sensazioni che mi ha regalato la scrittura nei momenti cruciali della vita. Quelli in cui è stato necessario prendere decisioni importanti. Decisioni che hanno tracciato la rotta del mio futuro. Gli studi umanistici mi hanno permesso di dedicarmi al linguaggio, di curarne ogni aspetto e di sentirmi a mio agio di fronte a una pagina bianca.
È inutile pensare di cavarsela improvvisando quando si parla di business e di spessore narrativo che può lasciare il segno. Il metodo e la passione sono quasi tutto. Il resto sono sogni che scappano e solo forse ritornano. Altrimenti devi andare a prenderteli. Che dire? Un giorno, il segno potresti lasciarlo anche tu, se smetti anche solo per un attimo di dirti che non sei all’altezza.
Ciao, grazie per aver letto questo post.
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