Oggi voglio raccontarti perché il “gigante del mare”, il faro, è diventato il simbolo dell’anima sensibile e profonda di MAREios.
Ho scelto una citazione per farti entrare nel mio mondo evocativo e per farti capire quanto la mia rotta comunicativa sia stata attratta, fin da subito, dall’incantesimo del linguaggio poetico che, attenzione, è ben distante dalla poesia pura.
“ Dentro la mia bottiglia vuota stavo costruendo un faro,
mentre tutti gli altri stavano facendo navi. ”
(Charles Simic)
Le parole di Charles Simic riflettono uno dei valori cardine di MAREios, la lungimiranza, attitudine che ho fatto mia e che non mi ha mai abbandonato durante la difficile fase di progettazione della mia identità verbale.
Ma, partiamo dall’inizio…
Mi trovavo a Sant’Antioco quando ho visto per la prima volta “il mio faro” da molto vicino
Accadde circa due anni fa. Da allora le cose per me sono cambiate… un bel po’.
Rimasi letteralmente folgorata dalla bellezza e dalla grandezza poetica dello Scoglio Mangiabarche. Subii il fascino della sua maestosità a tal punto, da sognarne uno identico avvolto dalla nebbia, la stessa notte. Quel sogno mi sembrò a tratti così reale, da pensare di scriverci un libro. In quel momento preciso della mia vita però, miravo a un altro sogno, ben diverso da quello di scrittrice sognatrice, che aveva da sempre affollato la mia esistenza. Quel sogno custodiva rinnovate intenzioni, per questo è stato decisivo nel mio sofferto voltare pagina e nel consolidamento del legame forte e indissolubile tra me e l’arcano del faro. Ma non è tutto. Sono tanti i motivi, che ti svelerò nel post, per cui un anno fa ho scelto il faro e il mare come trait d’union rappresentativo del linguaggio di MAREios.
Comunque, per ora, vorrei proporti un salto indietro nel tempo. Tuffiamoci insieme nella realtà storica del faro e nel cuore della funzione antica, di straordinaria importanza, che gli fu attribuita in passato.
Diffondere luce, infondere fiducia e proteggere dal pericolo
Quella di MAREios è una missione che somiglia in modo sorprendente a quella del faro. Diffonde luce lungo le coste frastagliate, trasmette fiducia a chilometri di distanza, infonde e comunica un senso di protezione che appartiene alla mia visione circa il mondo della comunicazione.
La funzione del faro è stata – ed è – essenziale per i naviganti e per la sicurezza dei porti. La sua figura custodisce storie sommerse come le parti di roccia da cui è circondata, storie che suscitano curiosità e che si fondono con il volere del vento e con il potere impetuoso e ancestrale delle onde del mare. Storie realmente esistite e leggende primordiali avvolte dal mistero, che hanno sedotto intere generazioni e, come potete immaginare, anche me.
La storia della luce del faro che solca il buio risale a tanto tempo fa…
Anticamente, il faro inteso come struttura non esisteva. A svolgere il ruolo di “sentinella marina”, in caso di pericolo, era il fuoco. I falò avevano l’arduo compito di avvisare i naviganti, che in una delimitata e determinata zona incombeva una falesia alta e pericolosa. Il primo esemplare di “falò-vedetta” fu Il Colosso di Rodi, imponente statua del Dio Elio (Dio del Sole) che portava alla sommità del braccio destro un braciere infuocato. Seguì il Faro di Alessandria d’Egitto che si ergeva sul mare come un vero e proprio edificio costruito nel porto nell’Isola greca di Pharos.
La parola «faro» affonda le sue radici proprio nel nome primitivo dell’Isola greca di Pharos che ne ospitava la maestosa torre, una delle più alte al mondo (115-135 metri). Seppure rudimentali dal punto di vista dell’illuminazione, i due “fari”, esistiti tra il 280-300 a.C., lasciarono testimonianza della loro presenza esclusivamente tra le pagine dei libri di storia. Purtroppo, non si sa molto di più, perché entrambi furono distrutti da violente scosse di terremoto.
Il guardiano del faro, custode di segreti, di parole uniche, dai toni caldi e rassicuranti
In un passato decisamente più recente, alcune torri faro furono attrezzate per essere abitate dai “reggenti”, i cosiddetti guardiani del faro, che se ne prendevano cura manualmente a ogni crepuscolo, preservandole così da eventuali guasti. Il faro, insieme alla sua inseparabile compagna di allora, la lanterna, era una struttura indispensabile in tutti i porti ad alto rischio di approdo e nelle zone costiere più faticose da raggiungere. Con il passare del tempo i giganti del mare aumentarono a vista d’occhio e il monitoraggio a distanza, per una questione economica, sostituì la presenza “umana” del guardiano-custode.
La solitudine e il mondo fuori dalla torre
Vivere all’interno di un faro era una scelta di vita lontana anni luce dalla semplicità. Essere guardiani significava separarsi da tutti e da tutto, fuorché dal mare. Bisognava fare i conti con il peso della solitudine e con l’isolamento. Spesso il guardiano si trasferiva nel casolare adiacente alla torre con tutta la sua famiglia per restarci fino alla fine dei suoi giorni. Spegnere e accendere la lanterna era un rituale che, silenziosamente e inconsapevolmente, scriveva la storia enigmatica del guardiano, fatta di luci e ombre.
Oggi puoi solo immaginare con quanta meraviglia e con quanta emozione potresti entrare in una torre faro abbracciata dall’acqua. Scegliere di abitarla con l’intento di compiere una missione costellata di valori condivisibili racchiude la cifra poetica di MAREios.
Chi non vorrebbe salire in cima a una torre faro come quella della scogliera Mangiabarche e godere del privilegio di uno spettacolo indimenticabile visto dall’alto, per allontanarsi dal caos che padroneggia le nostre caotiche vite e le nostre difficili scelte lavorative e personali?
Il cambiamento, quando bussa alla porta, spesso ti coglie impreparata/o, ma insiste e ti fa sentire l’urgenza di fronte alle decisioni complicate da prendere, che riflettono, verosimilmente, la potenza trainante del mare e la veemenza del vento. Per questo trovare un posto sicuro, un rifugio, per le parole che accompagnano la tua paura di naufragare, le tue battaglie vinte e perse, può diventare un punto di riferimento, un luogo in cui scrivere nero su bianco la testimonianza autentica della tua rinascita.
La strada di casa (non solo) per i marinai
Nonostante il guardiano sia ormai l’immagine di una fotografia in bianco e nero, il faro, simbolicamente, non è mai stato scalfito dallo scorrere tempo e dall’evoluzione tecnologica che l’ha visto mutare. Ancora oggi, i giganti del mare resistono alle intemperie e simboleggiano la strada di casa per i naviganti che viaggiano in notturna, confortati dalla luce irradiante di quello che è un insostituibile e illuminante punto di ancoraggio. Il faro ha tramandato di generazione in generazione una visione poetica del mondo marino, facendo conoscere il compito impegnativo e profondo della figura immortale del custode, che ancora “resta in vita” tra le pagine di libri e di romanzi, che ha vissuto realmente una vita solitaria per contribuire a proteggere temerari timonieri, affinché affrontassero viaggi dal lieto fine, scortati da buon vento e mare calmo.
Nessuno può sostituirti, ma puoi imparare a non perdere di vista la rotta
Non so se anche tu, come me, in determinate circostanze ti sei sentito perso. A me è capitato spesso di avere le idee confuse, di sentire il bisogno di fermarmi a riflettere su quale fosse la direzione giusta da prendere. Ero alla ricerca disperata di un luogo silenzioso e avvolgente, in cui abbassare le difese. Ti ricordi del sogno di cui ti ho parlato all’inizio? È arrivato il momento di raccontarti come è iniziato…
Ero in mare aperto e all’improvviso ho imbarcato acqua. Fulmini e saette spaccavano il cielo nero come un pozzo. Mi aggrappavo all’albero maestro con tutte le mie forze, mentre una violenta raffica di vento strappava la vela e mi spingeva al largo. Caddi a terra esausta e persi il controllo del timone…
Non è ancora arrivato il momento però, di raccontarti come è finito quel sogno
Posso iniziare a raccontarti che l’unico mio vero conforto è sempre stata la scrittura. Mettendo nero su bianco la mia storia è diventato tutto più chiaro, più afferrabile e reale. È sempre stato come se le parole accendessero, uno alla volta, barlumi nel buio che mi indicano la rotta.
È inutile negare di aver provato un senso di smarrimento, di disorientamento, in cui non sapevo cosa fare, prima di MAREios. In quei preziosi istanti di immensa fragilità ho cercato un approdo, un porto sicuro e un faro che mi indicasse la giusta direzione. Nessuno poteva sostituirmi, ne ero consapevole. Spettava a me raggiungere la terra ferma, come in quel sogno premonitore, stava a me metterci tutto l’impegno delle occasioni importanti, quelle in cui le scelte ti tirano per un braccio con una forza invisibile che non riesci a governare.
Le parole sono i barlumi di MAREios
Il linguaggio e le sue onde, il linguaggio e la sua brezza, il linguaggio e la tua storia poetica diversa da tutte le altre. Anche tu puoi decidere se essere onda o brezza, piuma o ala. Io ho deciso di essere un faro per te, di accoglierti nel mio rifugio con i barlumi di una lanterna accesa, come i custodi di un tempo, che hanno imparato a prendere e a leggere il mare come un’opportunità da cogliere, l’unica irripetibile opportunità di essere parte di una visione del mondo da condividere con la tua preziosa nicchia.